La moglie. Parlavate della morte? «Certo, ma non come di un fantasma. Luca sapeva che stava per arrivare». E di eutanasia? «La dignità della morte era uno dei temi a lui più cari. Luca aveva voglia di vivere, però. L’ha avuta fino all’ultimo, credo l’abbia ancora adesso»
Maria Antonietta Farina è l’angelo terreno che ha vegliato su Luca Coscioni per più di dieci anni. La tenera traduttrice dei suoi sussurri quando la malattia gli permetteva di sussurrare ancora, l’interprete del suo sguardo quando la sclerosi si era fatta più feroce e gli consentiva di muovere solo gli occhi. La moglie. L’impegno di suo marito per la libertà di ricerca scientifica è servito? Ha smosso le coscienze e la politica? «Sì. Senza di lui i Radicali, e tanto meno l’Italia, non avrebbero capito l’importanza di questa battaglia. La sua storia ha messo questo tema ai primi posti dell’agenda politica: basta vedere quanti ricercatori e scienziati saranno candidati nelle liste della Rosa del pugno, usciti dal laboratori per dare corpo e azione alla battaglia di Luca».
I Radicali dicono che non è stato ucciso solo dalla sclerosi ma anche da questo Paese? «Sono d’accordo. Luca parlava di una cultura piena di pregiudizi e dogmi antiscientifici». Ma una maggiore libertà di ricerca avrebbe salvato suo marito o almeno alleviato le sue sofferenze? «Certo che no. Luca sapeva che i risultati non li avrebbe visti sulla propria pelle, la sua era una battaglia altruistica: per gli altri malati, per quelli che oggi stanno bene ma che si ammaleranno, per quelli che devono ancora nascere». Il centrodestra non ha voluto suo marito nel comitato nazionale di bioetica. Il centrosinistra ha detto no alla sua candidatura per le amministrative. Oggi affetto e solidarietà da tutti i partiti. Le fa piacere o le dà fastidio? «Fastidio, no: all’associazione Coscioni sono iscritti una quarantina di parlamentari di quasi tutti i partiti, proprio perché il nostro è un tema trasversale. Certo, in politica la solidarietà non costa nulla. Ma spero che queste stesse persone si impegnino concretamente a favore della libertà scientifica. Non con parole, con fatti. Con leggi che diano una speranza non a chi sta male ma a tutti». Un po’ di rabbia c’è allora? «Amarezza. Morire proprio adesso, quando come capolista della Rosa nel pugno sarebbe stato eletto di sicuro e avrebbe finalmente portato la sua battaglia dentro il Parlamento.., una beffa, una beffa che non meritava». Adesso sta a lei raccogliere il testimone. «Spero di armarmi della forza di Luca, certo non sarò alla sua altezza ma lui mi ha insegnato tanto». Se la Rosa nel pugno le dovesse offrire una candidatura accetterebbe? «Se me lo chiedono io sto con loro. Ma prima devo chiedere consiglio». A chi? «A Luca. Stasera, prima di andare a dormire».
21 febbraio 2006 – Lorenzo Salvia
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