Lettera a La Repubblica
Francesco Merlo si dice contrario a che il Parlamento “discuta se e come aiutare la gente a morire”; pensa “con orrore alla ferocia italiana di un duello legislativo sull’eutanasia”. Si tranquillizzi pure Merlo: il passato Parlamento non ha voluto correre rischi, ha perfino rifiutato di avviare una semplice indagine conoscitiva sul fenomeno dell’eutanasia clandestina.Rispetto l’opinione di Merlo, ma sono convinta che sia preferibile una legge, rigorosa, con limiti certi, piuttosto che l’attuale anarchia: il “si fa, ma non si dice”, che si affida alla coscienza di medici ed infermieri per decidere se e quando una sofferenza diventa intollerabile. Merlo sostiene anche che non è questione di leggi, ma di ideologia; e mi chiama in causa, insieme ai miei compagni radicali che saremmo intrisi di “ideologismo familista”. Si chiede: “Io che ho votato Luca Coscioni perché dovrei votare la signora Coscioni?”. E perché la vedova Welby? Merlo e “Repubblica” potrebbero trovare le risposte se decidessero di conoscere le mie ragioni e quelle di Mina e chiederci perché abbiamo accettato la candidatura. Magari scoprirebbero che siamo “anche” vedove. Con Luca, in vita, ho condiviso e partecipato, sostenuto le sue battaglie. E anche ora che il corpo di Luca non c’è più, c’è sempre l’impegno di operare e agire insieme agli altri, vecchi e nuovi compagni radicali. Tutto ciò mi sembra naturale, mentre viene chiamato a sproposito proprio l’”ideologismo familista”. Se Merlo venisse per qualche ora a trovarci in Via di Torre Argentina, sono convinta che avrebbe più di un motivo per ricredersi.
22 marzo 2008 – Maria Antonietta Farina Coscioni risponde a Francesco Merlo
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