La protesta dei radicali: bocciando la legge sull’utilizzo delle staminali, il governo e il ministro Sirchia hanno spento l’unica speranza di curare la sua malattia. Nonostante il parere di 1700 scienziati
ROMA – Un grosso pallone a elio bianco, agganciato con uno spago dentro il cerchio di un vecchio battente sul pianerottolo del terzo piano della sede romana del Partito Radicale in via di Torre Argentina. Bloccato dall’arco del soffitto, il pallone che reca sopra la scritta «L’embrione è un essere umano, il malato no», non vede uno spiraglio di cielo, intrappolato com’è tra lo spago e il soffitto. E intrappolato, tra le pressioni vaticane e le decisioni del ministro della Salute Sirchia, è anche quello che il pallone rappresenta: la richiesta di utilizzo delle cellule staminali, la qualità della vita, e la vita stessa, di Luca Coscioni, membro della Direzione del partito Radicale, costretto da una terribile malattia, chiamata sclerosi laterale amiotrofica, a non esprimersi che tramite il sintetizzatore elettronico di un computer.
La sua malattia neuromuscolare, che progredisce senza possibilità d’esser curata, l’ha preso nel 1995, e da allora Luca conduce la sua battaglia per l’avvio della sperimentazione sulle cellule staminali e sulla clonazione terapeutica, speranza, per lui, di ritornare a condurre un’esistenza piena. Il pallone ha perso la sua battaglia, ed ora è lì, sgonfio e sporco da una settimana. Il 9 di luglio, infatti, campeggiava alto nel cielo di Roma, mentre dentro il palazzo del Senato la Commissione Igiene e Sanità era chiamata a discutere il decreto legge sulla fecondazione medicalmente assistita, già approvato dalla Camera, e i Radicali imbandivano lì sotto, pallone presente, una staffetta oratoria di cinque ore (dalle 15 alle 20) con interventi di professori, politici e malati. In quella seduta la Commissione Igiene e Sanità presieduta dal senatore Antonio Tomassini (Forza Italia), prima deliberò sul divieto di detenere o commerciare in aracnidi e poi si mise a trattare della questione degli embrioni. Questione complessa quella dell’embrione, uovo fecondato in fase di sviluppo, che tira in ballo questioni etiche, religiose e giuridiche (l’embrione, per la legislazione italiana, non è soggetto giuridico ed è quindi assai complicato legiferare su di esso non avendo uno status).
Alla fine della discussione in Commissione il testo del Ddl è rimasto praticamente immutato, cementando decisioni già prese contrarie alla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche e a qualsiasi procedimento e tecnica riguardante le cellule staminali embrionali umane. Contro il parere di 1700 professori (tra i quali l’immunologo Aiuti, Margherita Hack e Massimo Cacciari), l’organo del Senato ha sconfessato ancora una volta le decisioni prese a suo va tra il pensiero cattolico (rappresentato dal cardinal Ersilio Tonini e da alcuni professori tra i quali anche l’attuale ministro Sirchia), e una visione «progressista» della questione che mirava all’utilizzo degli embrioni per scopo terapeutico.
Alla fine, appunto, mediando sulla questione. la commissione Dulbecco decise: non si possono usare embrioni creati specificamente per lo scopo, però si possono adoperare quelli pro dotti in eccesso durante le procedure di fecondazione in vitro, quelli, per intenderci, che, immersi in una coltura di azoto, hanno il destino di restare inutilizzati nei laboratori. Così, la settimana scorsa, un pensiero che non possiamo chiamare oscurantista, ma che senz’altro va in una direzione conservatrice, ha sgonfiato e relegato in soffitta il pallone dei Radicali e le speranze di Luca Coscioni.
21 luglio 2003 – Eduardo De Blasi
Commenti (0)