Il candidato radicale morto dopo una lunga battaglia ci aveva scritto questa lettera. Per spiegare che la sua battaglia riguardava “lottare per la libertà di ogni individuo”.
È morto la mattina del 20 febbraio, a 39 anni, ucciso dalla sclerosi laterale amiotrofica che da tempo ormai gli impediva di muoversi e di parlare.
Luca Coscioni, fondatore di un’associazione “con lo scopo di promuovere la libertà di cura e di ricerca scientifica, l’assistenza personale autogestita e affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili”, si era candidato alle Politiche nelle liste della Rosa nel Pugno. Scrivere una parola, spiegava nel suo sito (www.lucacoscioni.it), gli richiedeva 30 secondi. Ne aveva scritte 300 pochi giorni prima di morire per spiegare a Vanity Fair i perché della sua discesa in campo.
Perché ancora nel nostro Paese le persone disabili non possono, con una coscienza di libertà propria, essere soggetti attivi nel processo sia di scelta che di consumo di servizi e strutture libere per tutti gli altri individui? Parlo intenzionalmente di disabilità e non “di abilità diverse” proprio perché, sebbene la situazione migliore che in passato, la cultura socio-politica italiana nei confronti della disabilità è ancor piena di pregiudizi dove i rapporti civili e sociali, il rispetto della dignità umana, le libertà individuali non sono affatto garantiti. È un problema dunque di libertà degli individui che va di pari passo con la responsabilità, perché in un paese democratico non può esserci libertà senza responsabilità. Si perché è proprio la democrazia, nel nostro Paese, ad essere messa in discussione, dove l’acquisizione del sapere, la ricerca, risorsa inesauribile per la sopravvivenza dell’umanità, come luogo di discussione e di libertà su temi che riguardano direttamente la vita, la morte, la salute, la qualità della vita degli individui, é negata ad essa. Non può esserci dunque il superamento di nessuna barriera, ideologica, geografica, economica, razziale, politica, se non consideriamo le barriere invisibili per chi non lo soffre, elementi fondamentali della libertà personale.
E quando non si superano si parla di violenza e di crimine contro l’uomo. Io e l’Associazione che porta il mio nome, per la libertà di ricerca scientifica, alla violenza sui diritti fondamentali dei cittadini, ho risposto con il mio corpo che molti, forse, avrebbero voluto ridurre ad una prigionia senza speranza, e rispondo oggi, con la mia sete d’aria, perché è il respiro a mancarmi, che è la mia sete di verità, la mia sete di libertà. Auspico la mia elezione alla Camera dei deputati, alle prossime elezioni politiche, tra le fila della ROSA NEL PUGNO, del 9-10 aprile, affinché la distanza tra le disabilità gravi e le istituzioni sia annullata.”
23 febbraio 2006 – Luca Coscioni
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