Luca Coscioni intervistato sull’Avvenire
I radicali affrontano una sconfitta elettorale netta, Avete giocato tutta la campagna su eutanasia, aborto chimico, libertà di ricerca intesa anche come utilizzo degli embrioni. Non siete stati seguiti ( e almeno a Milano, ha detto la Bonino alla “Stampa”, “lo sapevano anche i sassi chi siamo e cosa vogliamo”). La sensibilità degli italiani su questi temi è altra da quella che voi pensavate?
La sconfitta elettorale radicale è stata netta. Su questo non ci sono dubbi. Tuttavia, 838887 cittadini italiani hanno votato per la lista di Emma Bonino. Hanno votato e condiviso le nostre proposte politiche. Se si tiene conto del fatto che l’unica occasione di confronto su alcuni di questi temi è stata la trasmissione “Il raggio verde”, il 2,3 per cento può essere considerato un buon risultato. Certo, se le parole di Ciampi e di Amato fossero state ascoltate e la discussione sui temi radicali si fosse aperta, oggi ci troveremmo in Parlamento. Ma questa è un’altra storia.
Un lead della campagna radicale era: “Decidete voi o il Vaticano?” Domanda: l’anticlericalismo anni Settanta, quello delle grandi vittorie radicali, non è “vecchio” in un paese in cui i ventenni possono essere credenti o spesso indifferenti, ma raramente hanno un’avversione per la Chiesa? Non è che non vi siete accorti di essere diventati vecchi?
Il lead “Decidi tu o il Vaticano” al contrario credo abbia colto nel segno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come mai Tele Umbria Viva, l’emittente di Don Pierino Gelmini, si sia rifiutata, in palese violazione delle norme di legge in materia, di trasmettere il mio spot elettorale. Più in generale, in una campagna elettorale nella quale Berlusconi e Rutelli hanno fatto a gara nel genuflettersi di fronte al Vaticano, la presenza di una forza politica che ricorda che lo Stato italiano è laico dovrebbe essere accolta con favore anche dagli stessi cattolici. In effetti, ho ricevuto molte mail di sostegno da chi il Cristianesimo lo vive quotidianamente e non ne fa merce di scambio elettorale. Fra questi ci sono anche alcuni sacerdoti che mi hanno addirittura votato.
Il vostro tema più forte Ë l’eutanasia. Recentemente il reparto di Terapia palliativa dell’Istituto dei tumori di Milano ha diffuso dei dati: nel 2000 su 900 pazienti terminali solo uno ha chiesto l’eutanasia, salvo ripensarci una volta eliminato il dolore fisico. La domanda di eutanasia nella realtà è marginale, dice la responsabile del reparto, e le persone malate, se adeguatamente curate, si attaccano alla vita. Lo scandalo vero è invece la mancanza in Italia di cure palliative efficienti: solo il 20 per cento degli italiani, dicono all’istituto, Ë curato come deve. L’istituto dei tumori non Ë affatto un ospedale cattolico, nè lo sono i dieci medici di quel reparto, pure tutti concordi. Che cosa risponde? Prima, eventualmente, dell’eutanasia, non sarebbe giusto dare a tutti reparti di medicina palliativa efficienti?
Altri studi dimostrano invece che una percentuale non trascurabile di patologie tumorali sono purtroppo resistenti a qualsiasi trattamento antidolorifico. E’ però bene e una volta per tutte ribadire la distinzione tra terapia del dolore ed eutanasia. Nel nostro Paese, come esisteva in passato il divorzio all’italiana, esiste oggi l’eutanasia all’italiana. Questo fenomeno, noto anche alle gerarchie ecclesiastiche, rappresenta una violazione di legge gravissima e purtroppo tollerata. Faccio solo incidentalmente notare che, fra le altre cose, essendo molto spesso decisa dal medico all’insaputa del paziente, potrebbe dare luogo alla situazione paradossale, e comicamente tragica, che la dolce morte viene impartita a chi invece vorrebbe ancora vivere. Per quanto riguarda la terapia del dolore, vorrei solo ricordare che l’Italia si colloca al 103° posto nella speciale classifica dell’effettiva applicazione delle terapie del dolore.
C’è una spinta, nelle vostre battaglie per aborto e eutanasia, che comunque riconduce alla morte, alla eliminazione di ciò che è di troppo e di peso, nel nome della libertà e perfino della carità. Ma carità è accompagnare, o eliminare?
Non sono assolutamente d’accordo. Noi proponiamo solamente la regolamentazione di fenomeni la cui proibizione, è dimostrato staticamente, conduce ad esiti peggiori di quelli per i quali l’intervento di tipo proibizionistico viene invocato e realizzato. Nel nome della carità invece si sono consumate, e ancora oggi si consumano, letteralmente stragi di innocenti. Basti pensare al divieto assoluto, promosso dalle gerarchie vaticane, a politiche di pianificazione delle nascite e all’utililizzazione del preservativo nei paesi del terzo mondo. Questo atteggiamento irragionevole è corresponsabile, unitamente alla miopia della gran parte dei governi africani, di milioni di morti per fame e per aids.
Lei soffre di una malattia che potrebbe forse essere curabile con i risultati della ricerca su embrioni, e propone, oltre all’uso dei “sovrannumerari”, il modello inglese, cioè la creazione di embrioni per la ricerca. Questo utilizzo di cellule umane – di qualcosa che per lei non è uomo, ma “naturalmente” diventerebbe un uomo – non le pone alcun problema?
Innanzitutto, vorrei sottolineare come, in Italia, la discussione, non già su di una legge sulla clonazione terapeutica, ma addirittura sulla clonazione terapeutica, non sia stata possibile. All’indomani della presentazione delle conclusioni del Rapporto Dulbecco sulle cellule staminali, il Cardinale Ersilio Tonini tuonava: “Ora non si parli più di embrioni soprannumerari”. Da allora, come per incanto, in effetti non si è più parlato di questo prezioso materiale biologico. Così, nel nostro Paese, assistiamo impotenti allo scandalo della inutilizzazione, e probabile distruzione di 30000 embrioni congelati che potrebbero essere invece destinati ad una ricerca scientifica molto promettente forse in grado di salvare milioni di persone. Per quanto riguarda la creazione di nuovi embrioni, sempre per finalità terapeutiche, dal momento che nessuno vuole obbligare chi è contrario a questo tipo di clonazione terapeutica a curarsi con le nuove terapie cellulari, non vedo perché qualcuno, come la Bindi o Buttiglione, vorrebbe per contro impedire ad altri che ne facciano esplicita richiesta di ricorrervi. La sacralità degli embrioni non è un valore universalmente condiviso.
Ha scritto che c’è una sola cosa che non perdona, e cioè di essere trattato come disabile e non come persona. E’ difficile, nelle sue condizioni, essere riconosciuto come persona?
Secondo il quotidiano per il quale Lei lavora, sarei un invalido strumentalizzato dai radicali, un malato portatore di un inquietante contributo. Mi batto anche per affermare libertà e diritti fondamentali che, non solo per l’Avvenire, sembrerebbero essere opzionali, almeno per una persona malata. Purtroppo, la concezione solidaristica e caritatevole cattolica spesso guarda alla persona malata o disabile come ad un oggetto di cure e di assistenza piuttosto che come un soggetto capace di pensiero, amore ed azione, magari politica. Il senso comune e l’ipocrisia sono degli ostacoli quasi sempre insormontabili perchè una persona, che la Natura e il Caso hanno reso malata, possa vivere pienamente una vita che meriti di essere chiamata tale.
Maggio 2001 – L’Avvenire
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