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Certe volte mi domando perché mi sono ammalato di sclerosi laterale amiotrofica. Perché questa malattia sia toccata a me e non a qualcun altro. Perché a 28 anni e non più tardi, magaria 50 o, meglio ancora, a 70 anni, come accade nella maggior parte dei casi. Perché.
A questi interrogativi non mi è possibile rispondere. Poi mi domando cosa mi sarebbe successo se fossi nato in un paese che noi occidentali definiamo ipocritamente in via di sviluppo o a basso reddito. Per capirci meglio, in uno di quei paesi in cui ancora oggi la gente muore di fame, è uccisa dalla dissenteria, crepa per una banale influenza.
A quest’ultimo interrogativo mi è invece possibile rispondere. Non sarei arrivato ai miei 31 anni. Sarei morto di fame, sarei stato ucciso dalla dissenteria, sarei crepato per una banale influenza. Oppure, molto più semplicemente, mi sarei spento così come si spegne una candela quando si esaurisce la cera, per mancanza di Speranza e di Amore. [
continua]
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Penso che la mia presenza possa essere il segno tangibile che la religione della libertà e la scienza possano restituire vita e dignità anche a chi, come me, è stato colpito da una malattia gravemente invalidante e inguaribile. C’era un tempo per i miracoli della fede. C’è un tempo per i miracoli della Scienza. Un giorno il mio medico potrà, lo spero, dirmi: “Prova ad alzarti, perché forse cammini”. Ma non ho molto tempo, non abbiamo molto tempo.
E, tra una lacrima e un sorriso, le nostre dure esistenze non hanno bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà, che è democrazia. Le nostre esistenze hanno bisogno di una cura, di una cura per corpi e spiriti. Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi papi.
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