Grande è il potenziale terapeutico delle cellule staminali, tanto che dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese,10 milioni (se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari) potrebbero essere curati con le staminali. Sarebbe possibile usarle, infatti, per:
ricostruire il midollo spinale danneggiato da traumi fisici, dando così una speranza ai paraplegici di riacquistare le facoltà motorie perse.
le malattie degenerative del sistema nervoso quali l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica.
le malattie degenerative del sistema nervoso quali l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica;
le malattie muscolo scheletriche (displasia ossea, malattie progressive delle giunzioni ossee, osteogenesi imperfetta e miopatie primitive)
le malattie infiammatorie di natura sistemica attraverso la sostituzione delle cellule delle ghiandole salivari non più funzionanti dei malati;
le malattie degenerative della retina, della cornea e dell’apparato uditivo, i cui tessuti sono stati danneggiati per cause genetiche e traumatiche;
ricostruire il tessuto cardiaco danneggiato da un infarto acuto del miocardio;
riparare i vasi sanguigni distrutti da patologie progressive quali l’arteriosclerosi e l’ipertensione.
Le cellule staminali sono in grado, inoltre, di accettare e tollerare, molto meglio delle cellule mature, geni introdotti dall’esterno con tecniche d’ingegneria genetica mirate a sostituire geni difettosi o mutati. Potrebbero, quindi, essere usate come vettori cellulari per la terapia genica, rappresentando, in questo ambito, la soluzione ottimale. Un singolo trasferimento di gene, infatti, renderebbe disponibili cellule “corrette” del sangue, della pelle, del fegato e, perfino, del cervello, in quantità molto rilevanti.