Il Ministro della Sanità, professor Umberto Veronesi, nominò la “Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche” presieduta dal Premio Nobel, professor Renato Dulbecco, con il compito di indicare sulla base del Rapporto Donaldson (il primo studio organico sulle potenzialità terapeutiche delle cellule staminali), quali ricerche in quel campo si possono intraprendere anche in Italia. In particolare il Ministro Veronesi ha posto ai 25 saggi alcune domande di cui qui esponiamo una sintesi di ordine scientifico ed etico. In corsivo sono riportate le risposte della Commissione.
Fino a che punto è realistica l’ipotesi che cellule staminali, opportunamente stimolate, possano differenziarsi a seconda delle necessità per poi essere utilizzate a scopo terapeutico per curare malattie cronico-degenerative, finora inguaribili?
L’applicazione terapeutica della ricerca sulle cellule staminali è di notevole interesse e potrebbe condurre a una vera e propria rivoluzione in medicina, superiore persino a quella rappresentata dagli antibiotici. Dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese, 10 milioni (se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari) potrebbero essere curati con le cellule staminali. C’è ormai una sufficiente mole di dati per sostenere che grazie a tali ricerche i sistemi sanitari potranno offrire ai cittadini nuovi ed efficaci trattamenti per una notevole serie di patologie degenerative. Le cellule staminali, siano esse embrionali, fetali, da sangue del cordone ombelicale, o adulte, rappresentano un’importante alternativa ai trapianti di organo. La possibilità di espandere in vitro queste cellule fino a quantità elevatissime, se non proprio illimitate, potranno risolvere i due limiti fondamentali dell’attuale tecnologia dei trapianti: la scarsità di organi e la necessità dell’immunosoppressione cronica. Da ciò derivano due importanti condizioni per l’uso clinico routinario delle cellule staminali: la quantità di esse e la loro compatibilità col ricevente. Quanto al problema della compatibilità con il sistema immune del ricevente, soltanto cellule staminali derivate dal paziente stesso risolverebbero completamente questo problema.
Con quali probabilità e quali tempi?
A questa domanda la Commissione non è in grado di fare una previsione sufficientemente certa, e fa suo il criterio di massima cautela, presente nei documenti nazionali e internazionali in materia, circa il tempo in cui questi trattamenti potranno entrare nella pratica clinica.
Quali saranno le principali patologie curabili con le cellule staminali?
Dalla letteratura scientifica internazionale emerge la grande potenzialità per lo sviluppo di terapie utili al trattamento di un ampio ventaglio di patologie. Alcune di esse vengono già utilizzate nella pratica clinica.
Quale tra le cinque sorgenti classiche (da feti abortiti, da cordone ombelicale, da midollo osseo, da cellule adulte riprogrammate, da embrioni) può avere più possibilità di successo in termini di ricerca a fini terapeutici? Quale tecnica è accettabile eticamente?
STAMINALI FETALI
PARERE SCIENTIFICO
Sono derivate da aborti (spontanei o volontari). Si tratta pertanto di materiale cadaverico ed il suo utilizzo equivale a quello di organi da cadaveri. Dal punto di vista biologico, le cellule staminali fetali possiedono caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte: sono generalmente pluripotenti e deputate all’accrescimento peri-natale dei tessuti. I pochi studi disponibili non permettono di trarre conclusione definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed integrazione funzionale nei vari tessuti.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali da feti abortiti non solleva problemi morali purché si escluda un rapporto di causalità tra prelievo di cellule ed aborto.
DA CORDONE OMBELICALE
PARERE SCIENTIFICO
Suscitano grande interesse, soprattutto perché sarebbe in teoria possibile creare una banca di cellule autologhe per ogni neonato all’atto della nascita e utilizzabili anche dopo anni. Si tratta al momento di una ipotesi futuribile. Ad oggi le cellule staminali ombelicali sono state considerate capaci di dare origine soltanto a cellule del sangue ma non di altri tessuti.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali prelevate da sangue di cordone ombelicale non solleva problemi morali insormontabili. Su questo punto c’è consenso unanime all’interno della Commissione.
STAMINALI ADULTE
PARERE SCIENTIFICO
Provvedono al mantenimento dei tessuti in condizioni fisiologiche ed alla loro riparazione in seguito ad un danno; questa capacità però non è illimitata. Ad oggi, il loro isolamento e la loro coltivazione estensiva, eccezione fatta per le cellule staminali cutanee e mesenchimali, sono al momento limitate ai roditori. L’utilizzo clinico di tali cellule è strettamente legato alla possibilità pratica di espanderle in vitro in modo efficiente. Ad oggi questo è estremamente difficile e, in concomitanza con possibili fenomeni di senescenza, potrebbe rappresentare un limite all’effettiva fattibilità di questo approccio. Sperimentazioni terapeutiche con cellule staminali adulte hanno in alcuni casi ottenuto risultati modesti dal punto di vista dell’efficacia clinica.
PARERE ETICO
La ricerca sulle cellule staminali adulte non solleva problemi morali insormontabili. Su questo punto c’è consenso unanime all’interno della Commissione.
TRASFERIMENTO NUCLEARE PER LA PRODUZIONE DI CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE (TNSA)
PARERE SCIENTIFICO
La produzione in vitro di cellule staminali del malato stesso (autologhe) può essere ottenuta con la riprogrammazione del nucleo di cellule somatiche (mature) prelevate dal paziente e trasferite all’interno di una cellula uovo precedentemente enucleata, cioè svuotata del suo nucleo (Metodo TNSA). Il processo per cui il nucleo di una cellula già formata, una volta posto nel citoplasma (il liquido in cui si trova il nucleo di una cellula) dell’ovocita riacquista le capacità di cellula staminale, riproducendone altre uguali, non è molto diverso da quello usato nel caso in cui cellule sane prelevate dal corpo di un paziente adulto vengono indotte a moltiplicarsi in vitro, stimolate da “fattori di crescita”. Conoscendo i meccanismi del processo di riprogrammazione del nucleo di una cellula matura non si dovrà ricorrere agli ovociti di donna. Un ovocita ricostituito con il nucleo di una cellula adulta, ma privo del suo nucleo, non è assolutamente uno zigote (ossia una cellula formata dall’unione di due gameti, quello maschile e quello femminile) da cui può avere origine un embrione. Quella che si forma è, invece, una cellula comunque in grado di generare cellule staminali con la qualità, per giunta, di avere le stesse caratteristiche genetiche del paziente, il che non le farebbe rigettare qualora venissero impiantate in un suo organo. Esse infatti posseggono lo stesso genoma nucleare del donatore della cellula somatica e sono immunologicamente compatibili per autotrapianto. Nel caso di malattie genetiche, queste cellule potrebbero essere ‘curate’ in vitro prima del trapianto.
PARERE ETICO
La Commissione è concorde sulla tecnica del trasferimento nucleare (TNSA).
EMBRIONALI ETEROLOGHE
PARERE SCIENTIFICO
Derivano dalla regione interna dell’embrione prima del suo impianto nell’utero. Dotate di elevata capacità proliferativa, sono in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell’organismo risultando ideali per la terapia delle patologie umane. Alcune sperimentazioni hanno permesso di dire che, isolate da blastocisti e cresciute in vitro, queste cellule mantengono inalterate le proprietà di plasticità e totipotenza per alcuni anni. Ciò consente, a partire da poche decine di cellule, di ottenerne centinaia di milioni con le stesse caratteristiche e potenzialità. Cellule staminali embrionali possono essere isolate da embrioni congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità della fecondazione in vitro. In linea di principio ognuno di questi embrioni potrebbe dare origine ad un nuovo individuo. In pratica, però, questo non è possibile, non fosse altro che per la sproporzione tra l’abbondanza di embrioni congelati e il numero di donne interessate ad averli impiantati nel proprio utero. Ne consegue che questi embrioni non hanno la possibilità concreta di divenire individui. Importantissimo e inesplorato è l’aspetto riguardante la “scadenza”, per usare un termine brutale, di questi embrioni.
PARERE ETICO. PREMESSA
Oggi un programma di ricerca che contempli la sperimentazione sulle cellule staminali derivate da embrioni umani appare a molti necessario. Sulla liceità morale della sperimentazione sugli embrioni umani esistono tre posizioni e ciascuna trova il suo fondamento in differenti concezioni etiche, filosoficamente e/o religiosamente fondate, ad ognuna delle quali questa Commissione riconosce piena legittimità. La soluzione della controversia sulla sperimentazione degli embrioni umani varia a seconda della posizione assunta sulla questione dell’embrione. Alcuni affermano che l’embrione è un essere umano a partire dal momento della fecondazione; altri che nelle prime fasi dello sviluppo l’embrione non sia una persona; altri ancora che non è possibile risolvere la controversia in materia ma ritengono che l’embrione umano non sia una mera “cosa” utilizzabile a piacimento e che meriti una tutela crescente proporzionata al suo sviluppo. La Commissione è ben consapevole che il semplice fatto che una data soluzione raccolga un vasto consenso, non la rende “più giusta” rispetto alle altre, né equivale ad una delegittimazione delle altre posizioni. La Commissione, infatti, prende atto che esiste un valore unanimemente condiviso da tutte le posizioni sopra accennate: il rispetto dovuto alla vita umana. Anche se poi ci si può dividere sui modi concreti di manifestare tale rispetto nelle circostanze reali della vita.
PARERE ETICO MINORITARIO
Espresso da sette membri della Commissione (Cardinale Ersilio Tonini, Adriano Bompiani, Bruno Dallapiccola, Domenico Di Virgilio, Enrico Garaci, Luigi Lorenzetti, Girolamo Sirchia). L’embrione è un essere umano con potenzialità di sviluppo (non un essere umano potenziale), pertanto, come ogni altro essere umano, ha diritto alla vita. Le diverse argomentazioni a favore della sperimentazione degli embrioni cosiddetti sovrannumerari (“il sacrificio di questi embrioni è proporzionato ai vantaggi sperati”; “un male minore rispetto a quello peggiore della loro distruzione”; “una giusta soluzione del conflitto tra diritto alla vita di questo embrione e il diritto del malato a essere curato”), si fondano su una visione strumentale dell’embrione umano, al quale non si riconosce ancora il titolo di soggetto. Inoltre, il dilemma “l’embrione o viene usato o viene distrutto” corrisponde ad accettare, in etica, l’insostenibile equiparazione tra “uccidere” e “lasciar morire”. Le argomentazioni che proibiscono moralmente di creare embrioni per la sperimentazione, valgono anche per la proibizione di quelli già esistenti.
PARERE ETICO MAGGIORITARIO
Di tutti gli altri membri della Commissione, diciotto su venticinque. In Italia, nei vari laboratori che attuano la fecondazione in vitro, esiste un elevato numero di embrioni sovrannumerari che, per varie ragioni, non sono più destinati all’impianto. Mettere a disposizione questi embrioni per ricerche dalle quali possono derivare notevole benefici per l’umanità non rappresenta una concezione strumentale dell’embrione, né un atto di mancanza di rispetto nei confronti della vita umana, specialmente se si considera che l’alternativa è di lasciare che questi embrioni periscano. A fronte dell’inevitabile destino riservato a una parte degli embrioni crioconservati e non più impiantabili, la Commissione ritiene che la bilancia penda a favore della destinazione di tali embrioni agli scopi di una ricerca suscettibile di salvare la vita di milioni di esseri umani. Tale soluzione si ispira al principio di beneficialità, che, sia pure con differenti accentuazioni, è un tratto comune alle principali dottrine morali ed è fonte dei doveri di responsabilità che noi abbiamo nei confronti delle persone che soffrono.
CONCLUSIONI
Delle diverse sorgenti di cellule staminali la Commissione indica nel “Rapporto Dulbecco” la via innovativa e del tutto originale del trasferimento cellulare (TNSA) quale metodo che garantisce efficacia scientifica e liceità etica. Ecco in sintesi il parere sulle tre principali sorgenti di cellule staminali.
TRASFERIMENTO CELLULARE (TNSA). La novità del Rapporto Dulbecco, che supera brillantemente le questioni etiche sollevate dal Rapporto Donaldson (adottato dalla Gran Bretagna), consiste nell’utilizzo della tecnica di trasferimento nucleare (TNSA: inserimento di un nucleo di cellula adulta prelevata dal paziente in un ovocita privato del proprio nucleo) al fine di ottenere, escludendo la formazione dell’embrione, cellule staminali da differenziare, fin dall’inizio, verso le linee cellulari e tissutali desiderate. Per l’immediato futuro si prevede di essere in grado di utilizzare, al posto degli ovociti di donna, citoplasmi artificiali e/o animali. È questa la proposta davvero innovativa che esce dalla Commissione e quella che si può definire fin d’ora “Progetto Dulbecco per le cellule staminali”.
CELLULE EMBRIONALI. Rispetto ai dati scientifici attualmente disponibili si può sostenere che la condizione della “quantità” è certamente soddisfatta dalle cellule staminali di provenienza embrionale (pressoché illimitata capacità di autorigenerazione). Questo stesso tipo di linee cellulari soddisfarebbe anche la condizione della “compatibilità”, a patto di utilizzare la tecnica del trasferimento nucleare da cellula somatica del ricevente.
CELLULE ADULTE. Le cellule staminali di origine adulta non soddisfano il criterio della “quantità” nella misura delle embrionali, mentre possono soddisfare quello della “compatibilità” qualora vengano utilizzate quelle del paziente stesso. Ma qui si pongono problemi, anche temporali, che rendono difficilmente perseguibile tale processo sul piano clinico per tutte le patologie.
RACCOMANDAZIONI
La Commissione, fermo restando il quesito etico che permane per alcune delle modalità di ottenimento delle cellule staminali embrionali umane (e che si auspica possa venire superato con il progredire delle scoperte e la messa a punto di tecnologie più avanzate), è dell’opinione che sia necessario effettuare sempre maggiori ricerche su tutte le sorgenti di cellule staminali per poter comprendere quali di esse possano dare le risposte più efficaci alle esigenze terapeutiche per le diverse patologie.